mercoledì 28 marzo 2012

Tabucchi

Tabucchi di Marilena Nardi


Antonio Tabucchi, Pisa, 24 settembre 1943 – Lisbona, 25 marzo 2012


 La vita non si racconta, te l'ho già detto, la vita si vive, e mentre la vivi è già persa, è scappata. (Tratto da Tristano muore A. Tabucchi)



"Se scrivessi a penna queste parole sarebbero lettere tremanti e spezzate."
Addio Antonio Tabucchi
Roberto Saviano





Tabucchi, uomo libero
 di Marco Travaglio 
Ci sono momenti in cui il nostro mestiere è davvero feroce, impietoso. E questo è uno di quelli: scopri che un tuo amico è morto e, invece di startene in silenzio a ricordarlo, magari a pregare per lui, ti tocca subito scriverne. Pochi minuti fa ho saputo che è morto Antonio Tabucchi, a Lisbona. Dicono che “era da tempo malato”. Non l’aveva detto nemmeno agli amici. Sapevo, me ne aveva parlato nell’ultima telefonata dal Portogallo qualche mese fa, di una frattura a una gamba, che aveva aggravato i suoi problemi alla schiena. Altro non so. Quello che so di lui è che era uno dei pochissimi intellettuali internazionali rimasti all’Italia (non direi “in Italia” visto che ci viveva poco, e con sempre maggiore disagio). Temo che la parola “intellettuale” non sarebbe piaciuta a lui così schivo, minimalista, autoironico, antiretorico, quasi autobeffardo. Ma, se la parola “intellettuale” aveva ancora un senso, è proprio perché c’era lui. (continua)



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**** L'intervista: ''Che fatica il mestiere di scrivere''

L'incipit de "Il piccolo naviglio":
Ne sarebbero dovuti passare degli anni dall'inizio di questa storia, quando Leonida (o Leonido) stava attraversando a nuoto un torrente gelido, prima che Capitano Sesto si mettesse a percorrere a ritroso tutta la sua rotta. A quel tempo Leonida doveva essere il giovanotto tutto ossa e baffi del ritratto che Capitano Sesto ritrovò nel solaio della casa paterna, e non disse mai esattamente i motivi che lo avevano spinto alla fuga né come erano andate le cose quella notte. Certo doveva essere una notte d'inverno, i gendarmi dovevano essere in due perché andavano sempre a coppia e l'unico bene che Leonida portava con sé, oltre i vestiti che aveva indosso, doveva essere un vecchio ricettario di famiglia avvolto in una tela incerata. Anche l'anno in cui tutto questo succedeva fu impossibile stabilirlo con sicurezza, nonostante tutta la buona volontà con cui Capitano Sesto cercò di fare i calcoli; cer-, to era un anno in cui l'altra sponda si chiamava ancora Regno * delle Due Sardegne e in qualche modo anche lui, Capitano Sesto, era presente: come ipotesi biologica navigava infatti nei lombi di Leonida (o Leonido) che nuotava come un disperato nei flutti del torrente ghiacciato. Cominciando dunque a raccontare quella lontana fuga, Capitano Sesto ricostruì la scena
con la sua immaginazione

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