sabato 1 settembre 2012

Carlo Maria Martini

 "Che ognuno di noi sappia dimenticare se stesso, e dare frutto con la grazia della carità".
Carlo Maria Martini


E' morto il Cardinale Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano. Grande biblista, indicato come papabile nel Conclave che ha eletto Papa Ratzinger ma in realtà troppo impegnato nel cercare le risposte sui temi più spinosi per la Chiesa Cattolica degli ultimi anni quali l'eutanasia, il celibato dei sacerdoti, l'inseminazione artificiale, la sessualità per poter avere qualche probabilità di successo.


Gianfranco Uber




"La persona, protagonista di ogni preghiera. E' senza dubbio giusto e doveroso sottolineare la vocazione sociale che è inscritta in ogni atto dell'uomo e l'indole ecclesiale della intera vita cristiana. Ma non bisogna mai dimenticare che alla sorgente di tutto sta il mistero della persona, mistero sempre singolare e singolarmente inedito, non sommabile, non raffrontabile.
Anche se costituito in una condizione e in una natura che egli riceve per generazione e condivide con tutti i suoi simili, l'uomo trova la ragione prima della sua grandezza nel fatto di provenire, secondo il nucleo originario e inconfondibile del suo essere, immediatamente dal Dio creatore, che dall'eternità lo ha chiamato per nome; e nel fatto di dover tornare a Colui che è al tempo stesso il suo principio e il suo destino, con una decisione (o, meglio, con una serie di decisioni) di cui egli porta la responsabilità totale, perché non è condizionabile in modo determinante da nessuna creatura diversa da sé."
(Carlo Maria Martini)




Fnsi: grazie Cardinal Martini

Anche i giornalisti italiani hanno un profondo grazie da dire al Cardinal Martini. La straordinaria immagine del “lembo del mantello”, da lui usata nella lettera pastorale dei primi anni Novanta per parlare del ruolo dei media nella societa’ di oggi, resta uno dei richiami più incisivi alle responsabilita’ e alle potenzialita’ della comunicazione. Nessuna visione apocalittica, ma un appello fiducioso al ruolo che gli operatori dei media (credenti e no) possono esercitare. Parole di speranza da portare con noi, ora che sempre più pesanti si fanno le pressioni sui media dei poteri economici e politici, e che sembra avere sempre più forza il tentativo di svuotare di senso la comunicazione per ridurre ogni persona a consumatore passivo e acritico.
31 agosto 2012 fonte

Tante le polemiche sulla stampa per la sua scelta del non accanimento terapeutico
la vignetta di Mauro Biani accenna a questa cosa:


 

 Accordo ultras
E’ morto Martini. Non era Papa.
Mauro Biani


Carlo Maria Martini
PORTOS / Franco Portinari

 



Adesso che è morto tutti amici...
Tiziano Riverso

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ANAGRAMMA di Marco Minelli
CARLO MARIA MARTINI = RAMMARICA NOIALTRI
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Aggiornamento 06 09 2012

04/09/2012 - la lettera della nipote
"Così zio Carlo ha chiesto
di essere addormentato"

Giulia Facchini, nipote del cardinal Martini, durante i funerali nel Duomo di Milano
Ecco la lettera scritta dall’avvocato Giulia Facchini, nipote del cardinale Carlo Maria Martini, che è stata al suo fianco negli ultimi istanti di vita pubblicata dal Corriere della Sera e dalla Stampa

milano

Quando venerdì il tuo feretro è arrivato in Duomo la prima persona, tra i fedeli presenti, che ti è venuta incontro era un giovane in carrozzina, mi è parso affetto da Sla.

D’improvviso sono stata colta da una profondissima commozione, un’onda che saliva dal più profondo e mi diceva: «Lo devi fare per lui» e per tutti quei tantissimi uomini e donne che avevano iniziato a sfilare per darti l’estremo saluto, visibilmente carichi dei loro dolori e protesi verso la speranza.

Lo sento, Tu vorresti che parlassimo dell’agonia, della fatica di andare incontro alla morte, dell’importanza della buona morte.

Morire è certo per noi tutti un passaggio ineludibile, come d’altro canto il nascere e, come la gravidanza dà, ogni giorno, piccoli nuovi segni della formazione di una vita, anche la morte si annuncia spesso da lontano. Anche tu la sentivi avvicinare e ce lo ripetevi, tanto che per questo, a volte, ti prendevamo affettuosamente in giro.

Poi le difficoltà fisiche sono aumentate, deglutivi con fatica e quindi mangiavi sempre meno e spesso catarro e muchi, che non riuscivi più a espellere per la tua malattia, ti rendevano impegnativa la respirazione. Avevi paura, non della morte in sé, ma dell’atto del morire, del trapasso e di tutto ciò che lo precede.

Ne avevamo parlato insieme a marzo e io, che come avvocato mi occupo anche della protezione dei soggetti deboli, ti avevo invitato a esprimere in modo chiaro ed esplicito i tuoi desideri sulle cure che avresti voluto ricevere. E così è stato.

Avevi paura, paura soprattutto di perdere il controllo del tuo corpo, di morire soffocato. Se tu potessi usare oggi parole umane, credo ci diresti di parlare con il malato della sua morte, di condividere i suoi timori, di ascoltare i suoi desideri senza paura o ipocrisia.

Con la consapevolezza condivisa che il momento si avvicinava, quando non ce l’hai fatta più, hai chiesto di essere addormentato. Così una dottoressa con due occhi chiari e limpidi, una esperta di cure che accompagnano alla morte, ti ha sedato.

Seppure fisicamente non cosciente - ma il tuo spirito l’ho percepito ben presente e recettivo - l’agonia non è stata né facile, né breve. Ciò nonostante, è stato un tempo che io ho sentito necessario, per te e per noi che ti stavamo accanto, proprio come è ineludibile il tempo del travaglio per una nuova vita.

È di questo tempo dell’agonia che tanto ci spaventa, che sono certa tu vorresti dire e provo umilmente a dire per te.

La chiave di volta - sia per te che per noi - è stata l’abbandono della pretesa di guarigione o di prosecuzione della vita nonostante tutto. Tu diresti «la resa alla volontà di Dio».

A parte le cure palliative di cui non ho competenza per dire, è l’atmosfera intorno al moribondo che, come avevo già avuto modo di sperimentare, è fondamentale.

Chi era presente ha sentito nel profondo che era necessaria una presenza affettuosa e siamo stati con te, nelle ultime ventiquattro ore, tenendoti a turno la mano, come tu stesso avevi chiesto. Ognuno, mentalmente, credo ti abbia chiesto perdono per eventuali manchevolezze ed a sua volta ti abbia perdonato, sciogliendo così tutte le emozioni negative.

In alcuni momenti, mentre il tuo respiro si faceva, con il passare delle ore, più corto e difficile e la pressione sanguigna scendeva vertiginosamente, ho sperato per te che te ne andassi; ma nella notte, alzando gli occhi sopra il tuo letto, ho incontrato il crocefisso che mi ha ricordato come neppure il Gesù uomo ha avuto lo sconto sulla sua agonia.

Eppure quelle ore trascorse insieme tra silenzie sussurri, la recita di rosari o letture dalla Bibbia che stava ai piedi del tuo letto, sono state per me e per noi tutti un momento di ricchezza e di pace profonda.

Si stava compiendo qualcosa di tanto naturale ed ineludibile quanto solenne e misterioso a cui non solo tu, ma nessuno di coloro che ti erano più vicini, poteva sottrarsi. Il silenzio interiore ed esteriore, i movimenti misurati, l’assenza di rumori ed emozioni gridate - ma soprattutto l’accettazione e l’attesa vigile - sono stati la cifra delle ore trascorse con te.

Quando è arrivato l’ultimo respiro ho percepito, e non è la prima volta che mi accade assistendo un moribondo, che qualcosa si staccava dal corpo, che lì sul letto rimaneva soltanto l’involucro fisico. Lo spirito, la vera essenza, rimaneva forte, presente seppure non visibile agli occhi.

Grazie Zio per averci permesso di essere con te nel momento finale. Una richiesta: intercedi perché venga permesso a tutti coloro che lo desiderano di essere vicini ai loro cari nel momento del trapasso e di provare la dolce pienezza dell’accompagnamento.
 GIULIA FACCHINI MARTINI

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