giovedì 5 settembre 2013

Guida al linguaggio perbene (ma ipocrita)

Politicamente corretto

Guida al linguaggio perbene (ma ipocrita)
di Daniela Ranieri

tavola di Marilena Nardi
Le parole, si sa, non sono entità neutre, particelle nebulizzate al pino silvestre per i cessi dell’Autogrill; sono pietre frutto dei secoli, a disposizione tanto di chi le usa per costruire castelli o rovesciare il trono e l’altare, quanto di quelli che le tirano dal cavalcavia.
Il politically correct è quel carabiniere-netturbino che si occupa di levigarle e renderle meno contundenti per tutti gli usi sopra elencati; di neutralizzare la loro potenza e di cancellare ogni loro sottigliezza; raggelandone le sfumature, di irrigidirle e amalgamarle in un piatto grigio ritentivo, in un noiosissimo tantra-mantra che le abrade e le livella alla patina ipocrita del non far male a nessuno, fosse pure a scapito della verità.
Eunuchi del linguaggio, chierichetti dell’intelletto, i fautori e propagatori del politicamente corretto truccano il veleno col latte, lasciando nel mondo parole sbiadite, buone a nulla e cattive a nulla, distorte e mendaci ma prive del coraggio sfrontato della volontà di maschera.
Non sentono sibilare nelle orecchie quell’avverbio a guardia, quella clausola ambigua? Perché essere corretti – regola aurea fondata sull’«impegno morale del linguaggio» (J. R. Wilcock) - ha bisogno di una stampella? Non vedono che come tutte le stampelle imposte ai sani, lungi dal rafforzarli, ne storce l’andatura, la corrompe e rovina?Politicamente corretto, ovvero: giusto finché e come conviene al potere incarnato nel politico, fosse pure “da sinistra”; esatto nei termini concessi dal sistema; vero, ma. La verità passata e resa digeribile al dominio, per un motivo che non c’entra già più nulla col non offendere il prossimo (basterebbe “corretto”, come detto) ma riguarda l’ortodossia, la censura, la parrocchia, l’avemaria. Sposa del luogo comune, cognata dell’ipocrisia, la parola corretta dal politico delira, in preda alla febbre di un lessico ossessivo e addomesticato. Queste le sue fissazioni.
Bambini – i diritti dei bambini; dalla parte dei bambini; le domeniche dei bambini; la ZTL per i bambini; le App per i bambini; circolo dei lettori bambini; piccoli chef; bambini soldato. Sono sacri: da proteggere contro gli elargitori di caramelle al parco, che peraltro funge da location per ritrarli in pose sexy per réclames di life provider da ricchi, in tenuta da cavallerizzi imbronciati, in stivaletti da cowboy/cowgirl che sognano il fango, seduti su staccionate che ne evidenziano l’arbitrio, su altalene bianche tra glicine e organza Versace. A cavallo tra la condizione di embrioni e quella di ninfette/efebi, siamo indecisi se covarli al fresco di una chiesa o mangiarli sulla base della Modesta proposta di Swift. Nei ristoranti, sulle spiagge, bisogna assecondare ogni loro desiderio, compreso l’omicidio e la riduzione in pazzia degli avventori. «Ostentare una tenerezza lirica verso di loro quando c’è gente» (Flaubert). Un alieno appena atterrato che vedesse i pargoli circondati da tanto rispetto e considerazione non ci crederebbe che esiste una legge contro chi ci fa sesso abusando del suo potere. Pare, pare, che adesso manco ci guardino più.
Biologico – costoso feticcio di un ex popolo di poveri agricoltori.
Canzoni italiane degli anni ’60 – utilizzate come colonna sonora da registi ricchi sovvenzionati dalla famiglia e dallo Stato italiano, che negli anni ’60 disprezzavano i genitori per il fatto che le ascoltavano; singhiozzare discretamente nell’udire le loro note languide, spensierate o struggenti attesta robuste letture, coscienza storica e animo sensibile.
Condividere idee, progetti, contenuti - il non sapere che è diventato opinione.
Culo – prua che lasciava una scia catodica dove la poppa bucava lo schermo, ha vissuto la parabola da glorioso totem del Totocalcio a primo requisito della presentabilità politica, da lato B del lato A a lato A del lato B della faccia. Uguale in maschi e femmine, la società fallocentrica trascura il maschile e santifica il femminile, stando attenta a non confessare che reputa quello dei trans il culo perfetto. La sinistra lo ignora - ultimo baluardo di resistenza ideologica - preferendogli la vagina monologante. Sorpasso definitivo del culo: «Sembra in leggera ripresa», avvertiva Enzo Biagi nel ’93; «io sono il culo» concreta nel 2012, intercettata, Ruby Rubacuori, insieme silloge e sineddoche di un’epoca.

 
Cultura – mastodonte vestigiale da salvare, da finanziare, da pompare, da propinare; utile alla vita: «Calasso li avvertiva dal Corriere della Sera: copritevi ché fa freddo, mettetevi le galosce» (Battiato); nevrosi collettiva; metadone di chi ha smesso con l’ignoranza; oratorio antiberlusconista con obbligo di frequenza; pastone simil-würstel da somministrare a ignari fruitori, per vie innominabili. Cacciari. Galimberti. La mostra sui futuristi. Storace. «L’ovvio dei popoli» (Edmondo Berselli). Principale pretesto per ottenere finanziamenti.
Deficit di attenzione - disturbo diagnosticato dapprima presso i figli dei ricchi; nei figli di poveri si chiama ancora tontoneria e è curabile con uno scappellotto; Einstein; Burroughs; Maurizio Gasparri; Gödel.
Democrazia – governo “demo”: proiezione continuativa di brevi video e trailer di dimostrazione su come sarebbe il paese se si tutelassero i diritti dei cittadini e si attuassero delle riforme. Per vedere tutto bisogna pagare. «La democrazia ha armi per difendersi. Col cazzo» (Arbasino).
Divisivo – tutto ciò che esula dalla ragion pratica incestuosamente copulante col politically correct; tutto ciò che è vero/reale/razionale.
Donna, la – il ruolo della donna; la giornata internazionale della donna; il corpo della donna; i diritti della donna; poesie sulla donna; festa della donna; quote rosa; l’altra metà del cielo.
Emozionale – marketing; scrittura femminile (vedi); movente per adulteri.
Escort – l’unico motore del cambiamento della Seconda Repubblica; per lo più proletarie ripulite, illetterate di provincia che un tacco ha innalzato a cortigiane di lusso, immigrate e scappate di casa, le uniche ad essere entrate nei palazzi del potere per indubitabili meriti. Dato il prezzo tendente verso l’alto delle loro prestazioni, si differenziano dalle mignotte, che il mestiere lo fanno un po’ per intima vocazione. Da parola inventata dalle agenzie allo scopo di offrire al cliente (l’illusione di) un’esperienza esclusiva, per colpa di certi utilizzatori finali si è politicizzata e degradata, e ormai si usa per offendere senza scomodare le puttane di Baudelaire e De Andrè. Finiti i tempi in cui «al bordello, dà retta, gli diciamo una casa: alle puttane, signore» (Gadda), l’ipocrisia si è fatta omeopatica e superstiziosa: troppo crudo «prostituta» (Santanché), escort è squallido e ironico insieme. Da parola Russia-massaggi-vetri oscurati della destra a insulto parrocchia-pruderie-indignazione della sinistra. Quando si vuole essere davvero al passo coi tempi (degli altri paesi) si usa sex workers, operatrici del sesso (vedi alla voce “operatori della cultura”).
Etnico – il braccialetto, il negozietto, il negoziato e lo iato insanabile; la pace tra gli ulivi, il tè, il tavolinetto basso, il tendaggio damascato, la fame; valvola di sfogo dell’Occidente sazio; oggettino, souvenir, natiche negre. La curiosité, la naivetè, il primitivo come vorremmo che fosse, l’orientalismo della Bassa, il ristorante e la diplomazia; la considerazione, la consapevolezza, la conversione, la confessione. Lo sviluppo. La vacanza. Il romanzo. Il percorso. Il safari. L’albergo. Il menu. Il meticciamento. Il perizoma. Il corso di laurea. L’uomo che sapeva troppo. Josephine Baker. L’acconciatura. Il gioiello anale. Il tatuaggio. La tenda. Karen Blixen. Prince. Gli ospiti di Gad Lerner.
Famiglia – entità i cui valori (vedi) sono in risalita; società privata in cui i rapporti sessuali sono sovvenzionati dallo Stato, beninteso con alcune clausole: sanzioni per l’abuso del corpo della donna tra le lenzuola; incentivi a un uso morigerato degli organi e all’esercizio di un «erotismo solare» (Lorella Zanardo); i contraenti matrimonio sostituiscono la preghiera prima del pranzo con pochi minuti di un telegiornale moderatamente progressista, e consumano mozzarelle di bufala di Gaeta e farro di Norcia con una smorfia nervosa; alle pareti suppellettili di rame, e intorno souvenir post-imperialisti; ai piedi, zoccoli.
Gay friendly – locali al cui ingresso è divertente chiedere se sono etero friendly.
Integrazione - Nessuno si preoccupa dell'integrazione dei norvegesi, dei finnici, degli americani, degli australiani, di eventuali neozelandesi. Solo l’inferiore e il numeroso deve integrarsi, farsi assorbire e neutralizzare, ridurre a scoria inoffensiva. È considerato molto progressista fare riferimento alla mancata integrazione dei rom come a un neo dell’Europa.
Io non l’ho interrotta per favore lei non interrompa me – formula fintamente cortese tenuta in serbo per tutto il tempo nel quale si è sperato di venire interrotti; più che l’interlocutore offende la buonafede del telespettatore, il quale se smaliziato registra l’enunciato per quel che significa veramente: io non sono riuscito a interromperti per l’inconsistenza delle argomentazioni che avrei portato a mio sostegno, nonostante la nullità delle tue; adesso per favore fingi anche tu che quello che dico possa sembrare sfidante, rispettabile o almeno degno di considerazione (ovvero: per quello che prendiamo al mese, i nostri narcisismi possono benissimo convivere).
Large intese - il politicamente corrotto
Merito - Test a quiz; punteggio in graduatoria; concorsone; commissioni d’esame presiedute da baroni fedifraghi; manifestazioni anticasta; efficienza in luogo di intelligenza; governo dei professori; governo del fare; saggi; tecnici; radiologi; Napoleone; Michel Martone; di madrelingua inglese; igienismi dentali; le tre “i”.
Napolitano – L’ira di; il monito di; il messaggio di; la commozione di; il sacrificio di; la misura di. Possibile riconoscere una replica di Montalbano dalla decade in cui è stata scattata la foto di N. appesa in commissariato; «Napolitano. Napolitano Giorgio. Napolitano G. Napolitano. Napolitano» (Boldrini). La signora Clio; Castel Porziano; Padre di tutti. (E dicevano bamboccioni a noi).
Odio – sentimento brutto, sentimento no. Si infiltra nelle scuole, dove addirittura sono stati visti bambini ridere quando il preside è caduto; sui luoghi di lavoro, dove i capiufficio ricorrono agli psicofarmaci per carenza d’affetto; nella politica e ora anche nella rete. Sono tutti d’accordo: il centro-destra come il centro-centro. Bisogna fare qualcosa. Lotta di classe ok, ma solo attraverso gare di corsa coi sacchi, rubabandiera, tiro alla fune, rottura delle pignatte. (Sì ma non facciamo che noi fondiamo un partito dell’amore e poi voi ci odiate).
Operatori culturali – modo carino per definire quelli che raccolgono rifiuti, bucce, scarti secchi e umidi della fabbrichetta culturale e ci campano; spostano migliaia di euro da una fondazione all’altra; ottengono incarichi onorari per lavori che iniziano al pomeriggio; frutto della mutazione degli intellettuali con un salto nel vuoto nella catena evolutiva, si muovono nei liquami del pensiero debole, agitando il pass (utensile di allungamento penis) della creatività. Forti della patente del merito (vedi), vengono chiamati ogni volta che in una riunione di redazione si nomina la Cultura (vedi). «Per il principio incomprensibile agli intelligenti» (Aldo Busi) che se tutti li chiamano un motivo ci sarà, occupano i c.d. posti di potere. Spesso ritratti nei quadratini delle pagine culturali in foto a cui si è dovuto stondare la testa, date le gorgoniche chiome. Hanno il vantaggio di sgomberare il campo da tutto ciò che è di bassa qualità: indignati te lo segnalano, e tu puoi fare il contrario.
Pacificazione – il momento che nei teatrini di marionette segue l’abbraccio tra il carabiniere e Arlecchino mentre alcuni sodali del burattinaio svuotano le tasche al pubblico che prova un vago senso di delusione per lo spettacolo.
Persona non vivente – cadavere (Robert Hughes)
Precari – da vittime a pesimorti a zombie della società; da eroi del cambiamento a viziati della recessione a oleogrammi della crisi; giocattolino della propaganda elettorale, specie protetta del refugium peccatorum, parafulmini della catarsi, bamboccioni, choosy, paraculi del proprio culo (vedi); se vi sembrano spariti, è perché sono scesi di un gradino: ora nel sottoscala sociale, e la loro mediagenia è scesa come quella della Sars. A fregiarsi del titolo, restano quelli a partita IVA con lauti rimborsi cene e carburante.
Provocazione – una cosa talmente incondivisibile che la condividono tutti.
Scrittura femminile – sentimenti; maternità; trama; ricatti emotivi; semplicità; il sud Italia; stanze grandi; Torino; nonne; eredità; casi psicologici da ceto medio; mariti assenti; bambini intelligentissimi; un viaggio in autostrada; Polonia; comfort food; vuotaggine highbrow; amalgami psicologici inoffensivi; film per arene estive; melassa di assurdità normali che conferma il fondamentale ruolo della donna (vedi): non far sentire gli uomini inferiori.
Suggestione – hanno cominciato i poeti, hanno continuato i coach aziendali. Poi tutti dietro, specie la politica: una candidatura di partito è solo una suggestione. Basta direttive, solo suggestioni. Decreti legge-suggestione. In luogo del consiglio, invece dell’idea, ecco la suggestione: subdola, sussurrata, unta di lirismo d’accatto, una parolina messa lì, dove dà più prurito, a metà strada tra Coelho e lo scroto.
Territorio - Attenzione al; valorizzare il; ascoltare il. Il PCI; il biologico (vedi); le rotatorie del bergamasco; il Parmigiano reggiano; la Lega Nord; Lineaverde; la sagra della Weltanschauung di Topolò.
Tolleranza - non posso ucciderti, annientare te e la tua famiglia, sterilizzare tua moglie, annullare dalla faccia della terra il tuo gruppo etnico, impedirti di cucinare i tuoi cibi perché odio l’odore di ciò che mangi, cancellare dai libri di storia la violenza delle colonie e la schiavitù dei tuoi avi, importi l’uso di mezzi pubblici differenziati, ho la delicatezza di chiamarti “di colore” tacendo che si tratta di un’anestetizzazione ipocrita della fobia e di un’offesa tanto più grave perché è approvazione accondiscendente travestita da complimento. Insomma, che vuoi di più?: ti tollero!
Trasparenza – come sincerità, la tipica parola buona adoperata per scopi cattivi. Chi si dice trasparente intende con un grossolano ricatto emotivo indurci alla gratitudine, come se la trasparenza fosse positiva in assoluto e non relativamente all’oggetto che per sua natura svela. Intanto, sta cercando nuovi angoletti opachi in cui infilare lo sporco. Ignora peraltro che è trasparenza anche quella degli acquari in cui nuotano le aragoste pronte per essere bollite, e che esiste una profondità della superficie più degna di essere esplorata di molti normalissimi abissi. Chi la pretende – dalla pubblica amministrazione, dai politici, dal partner – fa pensare a quello che si è trovato male con la pornografia e ha ceduto al fascino di un banner che prometteva esperienze vere, reali, rapporti trasparenti.
Unità nazionale - variante del masochismo
Valori – transaminasi, trigliceridi e sideremia di una società. Vanno tenuti sotto controllo, e in alcuni casi tutelati, come il colesterolo buono. Valore totem degli ultimi anni: lo spread, che ha surclassato i valori dei più idealisti fautori dell’ordine sociale. Sopravvivono i “valori della famiglia”: proclamati in occasioni di rattristate manifestazioni chiamate family day(s), dove gonfalonieri armati di buon senso - beneficiari di stipendi muliebri, abbandonatori di seconde case coniugali, i più rinomati puttanieri - si pronunciano contro gli attentatori principali: sodomiti, spargitori di seme, consumatrici di pillole del giorno dopo. Se non fosse che anche i gay vogliono metter su famiglia e perpetrarne i valori, potremmo riderne.
DANIELA RANIERI dal Fatto del 24 agosto.

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