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domenica 23 gennaio 2022

La Settimana Enigmistica compie novant'anni

Auguri Cara Settimana Enigmistica!
e GRAZIE se sono qui a scrivere su questo blog è anche merito Tuo!!!


 
Se nella storia del nostro Paese c'è una cosa sicura e inamovibile, che culturalmente e politicamente unisce tutti (tranne il rebus del Quirinale...) questa è la Settimana Enigmistica, che proprio oggi compie 90 anni! Auguri.
Molti anni fa mi ha ispirato questo disegno.
Marco De Angelis




Riflessioni a ridosso del 23/1/22: in sintesi, GRAZIE
Oggi, in questa serata ormai al confine con la notte, voglio ringraziarvi.
Voglio ringraziare tutti per le belle parole che avete avuto verso la Settimana Enigmistica, che domani compirà ufficialmente i suoi 90 anni. Lo faccio a nome di tutta la redazione e di tutti i nostri collaboratori. I vostri auguri, le cento testimonianze di come la rivista sia "di famiglia" sono uno stimolo in più a cercare di dare il meglio di noi, ogni giorno. 
Sono entrato in redazione il giorno 1 ottobre del 1982 (per me un primo giorno di scuola), dunque quest'anno saranno 40 anni che lavoro per la rivista, e mi sembra una specie di sogno a cui ancora non voglio credere: ma come, è già passato tutto questo tempo? Quando sono arrivato in redazione la Settimana aveva appena compiuto 50 anni, per me -allora ventitreenne- sembrava un'età già venerabile, adulta, l'età in cui tutto si è già compiuto e stabilito. Il tempo si è incaricato di mostrarmi che non era per niente così. 
A lavoro tutto è cambiato, ricordo ancora quando usai per la prima volta il termine compact disc, e per dimostrare che esisteva mi toccò scendere al negozio di dischi sotto, prenderne uno, portarlo su e mostrarlo, nessun vocabolario ancora registrava la voce. Ora, i cd sono quasi tramontati. Il primo fax che acquistammo... ora lo si usa così sporadicamente. 
E poi, c'era Brighenti, il mio maestro preferito. C'era Bruno Bozzoli, così paziente, uno zio benigno e sorridente sempre chino sui suoi fogli, le mangiate di tortellini a casa sua e le vacanze insieme con la sua famiglia. E Attilio Ghilardi, entusiasta, gioviale. C'era mio papà, che con la coda dell'occhio mi lasciava crescere e a ogni gioco che gli sottoponevo trovava sempre una magagnetta "perché al posto di questa vocale un po' stupidina non provi a mettere una j? Non vedi come ti aiuta?" e io a bocca aperta, mi aveva fregato ancora una volta. 
Mille cose sono cambiate, ora abbiamo giochi che i nostri maestri non videro, la Sinfonia, i Triplici, il Rompicapo Incernierato, gli Insuperabili, e tanti altri. E in quei giochi c'è stato sempre il mio zampino, che cosa strana: sono tutti venuti così, naturali, come se fossero figli del tempo che passava. Sono cambiate tante cose, il linguaggio, il modo di disegnare, il modo di concepire l'impaginazione della rivista. Una cosa bella, che mi affascina, è che tante voci hanno detto la loro, hanno partecipato a questa continua trasformazione per cui la rivista sembra sempre la stessa ma cambia, oh se cambia, e lo fa costantemente.
Dunque questa volta sono io che ringrazio, con profonda riconoscenza, il mio direttore ed editore che mi ha permesso di crescere così e con cui ho l'onore di costituire un tandem alimentato da affetto e grandissimo rispetto. Ringrazio tutti i nostri redattori, il nostro gruppo perché senza di loro io sarei un microbo. Ringrazio tutti i collaboratori esterni appassionati e insostituibili. Ringrazio la vita che mi sta permettendo di vivere questa avventura fantastica, impegnativa, divertente, sempre capace di sorprendermi.
Infine, ringrazio tutti coloro che ci leggono e ci risolvono, ringrazio voi carissimi amici. senza di voi non saremmo arrivati a questo incredibile traguardo. Grazie.
Tenendoci per mano, verso il futuro, insieme.

Alessandro Bartezzaghi




lunedì 22 febbraio 2021

Maria Ghezzi, la signora dei Rebus

 Da poche ore ci ha abbandonato una donna speciale, elegante e di grande talento. Si chiamava Maria Ghezzi ed ha disegnato tantissimi rebus per La Settimana Enigmistica. Era moglie di Giancarlo Brighenti, il papà del rebus moderno che sulle nostre pagine ha conosciuto -grazie a loro- uno sviluppo meraviglioso. Insieme formavano una coppia spettacolare, affabile, di gusti raffinati, affiatati come non si può immaginare. Ho sempre coltivato il pensiero che in un vecchio rebus lei si sia ritratta così, all'apice della sua bellezza e gioventù. 

E spero tanto che Giancarlo sia sceso quaggiù ad aspettarla, oggi, e insieme stiano già correndo, mano nella mano, raccontandosi mille cose, finalmente riuniti, in un grande prato senza pensieri, pieno di are, osti, avi...

Riposa in pace, Maria. Ti abbiamo voluto bene.

Alessandro Bartezzaghi

Il Ritratto
Il volto di donna disegnato da Maria Ghezzi per un rebus di Piero Bartezzaghi sulla Settimana Enigmistica 1952 elaborazione del catalogo "Ah che rebus!" Mazzotti 2010
Soluzione Bambole manierose.
Accanto l'autrice in una foto degli anni Cinquanta.


 Alla vigilia del 94° compleanno se n'è andata Maria Ghezzi, conosciuta nel mondo enigmistico come la Brighella. Nata a Bresso il 22 febbraio 1927, aveva iniziato nel 1952 a disegnare rebus per "La settimana enigmistica", contribuendo moltissimo con la sua bravura alla diffusione e al rinnovamento del rebus voluti dal marito Giancarlo (in arte Briga).
Ser Viligelmo/Silvano Rocchi


La signora dei Rebus

Il suo nome lo conoscono in pochi, ma i suoi disegni fanno parte del patrimonio di immagini dell' Italia degli ultimi sessant' anni. Chi abbia dato almeno un' occhiata alla Settimana enigmistica (di cui a gennaio sono stati ricordati gli ottant' anni anni dalla fondazione) ha visto le sue opere riprodotte: sono le vignette dei rebus. Dietro quei disegni c' è la sua mano, il tratto inconfondibile di Maria Ghezzi Brighenti, nata a Bresso nel 1927, che proprio in questi giorni festeggia anche lei il suo compleanno. Nella sua casa milanese, rebus non se ne vedono. Quadri alle pareti e sui mobili, nei punti più luminosi, una collezione di sassi di arenaria modellati. Bisogna entrare nello studio per trovare boccette d' inchiostro e pennini, gli strumenti, mai cambiati, del suo lavoro. «Quanti rebus ho disegnato? Non ho mica tenuto il conto! In tanti anni, settimana dopo settimana, ne avrò disegnate decine di migliaia. È stato un lavoro continuo, che ha occupato completamente la mia vita». Una carriera tanto prolifica quanto singolare, in cui il disegno è al servizio di un gioco. «Ho sempre avuto inclinazione per il disegno e negli anni Quaranta ho frequentato il liceo artistico dell' Accademia di Brera. Ricordo bene il pittore Gianfilippo Usellini, le lezioni di storia dell' arte di Guido Ballo e, fra i compagni, Dario Fo. Per guadagnare in quegli anni realizzavo figurini di moda e decorazioni per interni. Ma dipingevo anche e ho esposto - nel ' 46 o ' 47 - alla Taverna del Gatto Nero in via Senato, un locale animato da Walter Pozzi. I rebus non avevo ancora idea di cosa fossero». Bisogna arrivare al 1951 perché questo gioco incroci la sua strada. Nell' estate di quell' anno Maria partecipa, con diverse tele, al Premio Bolzano per le pittrici italiane, nella cui giuria c' è anche Palma Bucarelli, direttrice della Galleria d' arte moderna di Roma. La svolta della carriera (e della vita) di Maria però non arriva da quella mostra, ma dall' incontro fortuito, lì sulle Dolomiti, con Giancarlo Brighenti, responsabile dei giochi illustrati della Settimana enigmistica, che diverrà suo marito. È Brighenti (pseudonimo Briga) a introdurre Maria (nome d' arte la Brighella) nel mondo dei rebus, convincendola a dirottare le sue capacità artistiche dai colori alla sintesi del bianco e nero, dalle tele al cartoncino. Edè grazie al sodalizio di questa coppia- una vera simbiosi fra parole e immagini - che si afferma lo stile del rebus moderno in Italia. Le innovazioni che Brighenti porta nel gioco prendono vita grazie alla maestria grafica di Maria: la precisione realistica dei dettagli si coniuga con l' effetto interrogante dell' insieme, rendendo leggibili le situazioni più strane, interstiziali, assurde,a ricordare che nell' origine della parola ci sono le cose (dal latino res ), ma anche il rovescio, lo scherzo e il sogno. «Da quando ho cominciato a lavorare in questo campo non ho avuto più tempo per la pittura». Maria guarda un suo dipinto a olio, un gruppo espressivo e materico di figure, molto lontano per stile e tecnica dalla sua produzione grafica. «Non ho avuto più tempo per dipingere perché disegnare rebus è impegnativo. Bisogna comporre una scena, con interni ed esterni, in cui sistemare figure e lettere - e guai a sbagliare un dettaglio. Mi sono dovuta documentare su piante, animali, carte geografiche, strumenti di tutti i tipi, come se avessi lavorato in un' enciclopedia illustrata. È di grande importanza poi che il solutore incontri con ordine, da sinistra a destra, le figure e le lettere che portano alla soluzione: in fondo, è come progettare una scenografia». Una scenografia, una doppia messa in scena della lettura, in cui il disegno non illustra il significato della frase da scoprire, ma le immagini presenti nella sequenza di parole che la compongono. Non per niente nella storia di questo gioco, strettamente legato alla lingua in cui si nomina il visibile, si trovano i trattati di scrittura, le cifre figurate di Leonardo e gli enigmi visivi di Lorenzo Lotto, i ventagli con frasi d' amore e i fogli volanti con messaggi politici. Un percorso nella storia del rebus italiano, dai primi esempi fino alle enigmatiche azioni teatrali di Fanny & Alexander, è stato proposto in una mostra - in cui erano esposte anche molte tavole originali di Maria - presso l' Istituto Nazionale per la Grafica di Roma (catalogo Mazzotta 2010). Mentre parla, Maria sfoglia degli album dove sua madre ha raccolto una piccola parte dei rebus pubblicati. Passano sotto gli occhi immagini familiari e bizzarre, fatte di piazze quasi metafisiche, di accostamenti talvolta surreali, di orti, rivi, reti e di tante altre cose dal nome bisillabo, utili per decifrare le frasi risolutive. «Alcune sono facili, basta leggere le immagini una dopo l' altra; altre volte bisogna interpretare un contesto, il bambino che mente, l' uomo che osa. Nessun dettaglioè mai superfluo». Che la soluzione sia facile o no, in questi disegni si ripetono scene riconoscibili con esattezza, immerse in un tempo fermo, che non hanno mancato di affascinare anche gli artisti. Quando negli anni Sessanta i pittori del pop italiano Renato Mambor e Tano Festa hanno esplorato il deposito d' immagini dell' editoria di massa, si sono soffermati anche sui rebus. Dettagli sono stati prelevati e rielaborati con accostamenti stranianti, cancellature e colori industriali, con effetti di grande bellezza e senza pensare mai a chi fosse l' autore dei disegni. Quell' autore, non c' è bisogno di dirlo, era Maria Ghezzi. Rintracciati grazie alla collaborazione fra l' esperto di enigmistica Tiberino e la storica dell' arte Ada De Pirro, i disegni che hanno ispirato tante opere suscitano una domanda. Ma l' autore dei disegniè l' autore del rebus? «Per tradizione enigmistica- spiega Maria - l' autore è chi inventa la frase. Come autrice di frasi, anch' io ho firmato dei rebus, ma come disegnatrice il mio nome è comparso di rado e solo nei primi tempi». Per osservare tutti i rebus disegnati da Maria ci vorrebbero anni. Per lei, ogni vignetta è legata a un ricordo insieme familiare e professionale. «Il mio studio è la mia casa. Ho sempre disegnato nella mia stanza, usando solo l' inchiostro di china e il pennino, che permette di modulare le linee di contorno e i tratteggi e di scrivere con precisione le lettere». Sei suoi disegni, riprodotti in piccolo sul settimanale, hanno già un grande fascino («I disegni di Maria hanno arricchito la mia visione di nostalgia e di mistero», parole del pittore Sergio Ceccotti), gli originali, di dimensioni maggiori, sono esempi di grafica di alta qualità, nitidi e ariosi. Sconosciuti al circuito di mostre e mercato, notissimi nella loro versione ridotta e riprodotta. Ancora oggi, con tratto fermo e chiaro, Maria continua a fare rebus. E mentre ci salutiamo, mi mostra l' ultimo: «L' ho fatto dopo aver letto I pesci non chiudono gli occhi di Erri De Luca. In una pagina è descritto un rebus la cui soluzione è "Quando l' amore manca la volontà non basta". Ho provato a disegnarlo». È un rebus inventato da De Luca, in omaggio a un gioco che piacque a sua madre e a lui ragazzino come, in quegli anni Sessanta, a tanti lettori italiani che nei "giornaletti enigmistici" si incantavano e si arrovellavano sui rebus disegnati da lei, da Maria Ghezzi, la Brighella. 

©Antonella Sbrilli (18/3/2012)


Il concorso a suo nome

Nata a Bresso (Milano) il 23 febbraio 1927, dopo gli studi presso il liceo artistico dell'Accademia di Brera a Milano, Maria Ghezzi iniziò l'attività di pittrice, disegnatrice di figurini di moda e decoratrice d'interni. L'incontro con l'enigmista Brighenti (pseudonimo Briga) la orienta dagli anni '50 verso il disegno del rebus. Da allora, fino al pensionamento, si è dedicata al disegno delle vignette e di altri giochi enigmistici illustrati (frasi polidescritte, «Il signor Brando»). In suo onore, si svolge annualmente un concorso di invenzione rebussistica, basato su un suo disegno originale (Concorso «La Brighella»).

Ghezzi è considerata l'illustratrice che ha stabilito lo standard visivo del rebus italiano, a partire dal primo rebus che ha disegnato nel 1952 (l'autore era Gian Carlo Brighenti, il capo della sezione rebus della «Settimana Enigmistica»). Alle caratteristiche principali del rebus stabilite da Brighenti - «originalità della trovata e coerenza delle parti del gioco», «bellezza e contenuto della soluzione» - il tratto preciso e funzionale di Maria Ghezzi aggiunse la qualità dell'«illustrazione artistica». Maria Ghezzi ha prodotto - nella sua lunga e prolifica carriera - decine di migliaia di disegni, realizzati a china. Alcuni originali sono stati esposti alla mostra «Ah che rebus!, Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia» (Roma, 2010-11).



Tutti voi che vi dilettate di Enigmistica, anche se non lo sapete, conoscete l’arzilla signora che in questa foto mi fa l’onore di apprezzare un mio disegno: è Maria Ghezzi Brighenti “La Brighella”, colei che ha dato l’impronta grafica a quello stupendo gioco che è il Rebus!

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Il suo stile è assolutamente impagabile e mescola un tratto realistico “morbido” con una composizione che – proprio in virtù delle caratteristiche del rebus – si tinge di una lieve tinta di surreale follia. Ari, pie, avi e ile convivono nelle sue immagini con una naturalezza e una magia assolutamente impagabili!

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Oggi ho appreso che la Brighella ci ha lasciati per riunirsi al marito, il mitico Briga, in qualche oltremondano Altrove dove ( mi piace immaginarla così ) faranno diventar pazzi santi e arcangeli con i loro fantastici enigmi!

Moise



Maria Ghezzi

Strada di Nicosia

autore della frase Briga

china su carta

proprietà “La Settimana Enigmistica”, pubblicato nel giugno 1968

La soluzione si ottiene osservando che la S si trova tra dadini, così la A


La soluzione:  VA si dice mento = vasi di cemento 


Il mondo dell'Enigmistica è ancora in lutto: è scomparsa La Brighella. Chi frequenta il nostro mondo da anni, conosce benissimo la sua straordinaria bravura di disegnatrice. Maria Ghezzi, compagna da una vita di Briga, ci ha donato migliaia di illustrazioni che alla fine sono diventate patrimonio di noi tutti e ha creato lo standard ideale di come dare vita alle fantasie degli ideatori di rebus. A chi invece è approdato da poco in Enigmistica consiglio di soffermarsi maggiormente sui suoi fantastici disegni, cantati anche da Paolo Conte e magistralmente studiati da Enrico Viceconte nel suo articolo "Appunti sull'immagine nel rebus" (che potete leggere qui: http://www.lasibilla.net/.../appunti-sullimmagine-nel-rebus/ ). Saluto con grande rimpianto questa nostra grande Amica ed Artista.

Guido Iazzetta /Samlet




Un rebus di Brighella: Anita Garibaldi

La soluzione (due parole rispettivamente di 6 e 9 lettere) è «eroina spacciata».

Fonte: Pietro Ichino per il Corriere. Il rebus è stato pubblicato solo sulla Sibilla.



Devo purtroppo comunicare un’altra gravissima perdita, che ci colpisce in modo particolare perché era una figura molto amata ed ammirata da tutti noi, giovani e meno giovani: La Brighella.

Maria Ghezzi Brighenti, a distanza di vent’anni, si ricongiunge così al suo Giancarlo, il nostro indimenticabile Briga, assieme al quale ha “contribuito a costruire e consolidare lo stile e i canoni del rebus moderno”.

Essa stessa autrice di rebus, dal 1952 ha prodotto migliaia di vignette di alto livello grafico e compositivo, con uno stile e una maestria che rimarranno inimitabili.

Ha scritto La Sibilla: “Il rebus per antonomasia è quello disegnato da lei". Nel 1986 le è stato attribuito il "Trofeo ARI". Fino a pochissimi anni fa ha voluto essere con noi alle Feste della B.E.I., a cui era particolarmente vicina anche per le origini ‘campogallianesi’ di Briga. Grazie di tutto, Brighella!

Pippo / Giuseppe Riva




Il terzo lato di Briga 



Con la scomparsa di Maria Ghezzi l’enigmistica e l’arte del l’illustrazione perdono una protagonista raffinata, garbata, dal tratto chiaro e sicuro, capace di coniugare la precisione e la cura dei particolari al costante rispetto dell’autore e del solutore del rebus, a servizio del quale ella per tutta la vita ha votato il proprio sconfinato talento. Grazie Maria, maestra ineguagliabile e splendida donna, per tutto ciò che ci hai dato entrando ogni settimana nelle case di tutti come un’amica fidata e gentile che si conosce da sempre.
Velvet (Francesca Pizzimenti)



Per chi, come noi, sin da ragazzi, è cresciuto a pane e rebus (della Settimana) i suoi disegni rappresentavano il rebus nella sua dimensione più sognante e magica. Quante volte abbiamo immaginato di camminarci dentro. Ciao, Maria. Per te solo amore e tanta gratitudine.
Pasticca / Riccardo Benucci




 Per noi della vecchia generazione, ecco un'altra perdita che ci strazia nel profondo del cuore. Non c'è stato abbastanza tempo per prendere coscienza della dipartita del fraterno amico Tiberino che ci giunge la terribile notizia della scomparsa della nostra cara Brighella portandosi con se il suo radioso sorriso la sua amicizia e la sua Arte. A me, che l'ho conosciuta da almeno cinquant'anni e a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di averla conosciuta, non rimane che la consolazione di fare tesoro di quello che ci ha lasciato e ringraziarla per le gioie che ci ha  procurato con le sue artistiche illustrazioni.
(Lionello)



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Grazie Brighella, è stato un piacere ammirare i tuoi tantissimi rebus.
Condoglianze alla famiglia.
Fany

lunedì 15 aprile 2019

Notre-Dame de Paris: 15 aprile 2019 ore 18:50 l'incendio.

S'ode tremenda pira.
= Notre Dame de Paris
anagramma di Alessandro Bartezzaghi




Tous les yeux s’étaient levés vers le haut de l’église. Ce qu’ils voyaient était extraordinaire. Sur le sommet de la galerie la plus élevée, plus haut que la rosace centrale, il y avait une grande flamme qui montait entre les deux clochers avec des tourbillons d’étincelles, une grande flamme désordonnée et furieuse dont le vent emportait par moments un lambeau dans la fumée. Au-dessous de cette flamme, au-dessous de la sombre balustrade à trèfles de braise, deux gouttières en gueules de monstres vomissaient sans relâche cette pluie ardente qui détachait son ruissellement argenté sur les ténèbres de la façade inférieure.Victor Hugo, dans Notre-Dame de Paris (1831)

Notre Dame Paris    Paolo Lombardi
.
15 Apr 2019

lunedì 27 febbraio 2017

Dj Fabo è morto in Svizzera

Dj Fabo
di Marilena Nardi



«Fabo è morto alle 11.40. Ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo». L’annuncio diffuso su Facebook è di Marco Cappato, l’esponente radicale che ha accompagnato l’uomo in una clinica Svizzera, dove ha scelto di mettere fine al dolore con l’eutanasia.
Cieco e tetraplegico da oltre due anni a seguito di un incidente stradale, Dj Fabo, 39 anni, ha  trovato una “morte degna”, grazie all’aiuto dell’Associazione Luca Coscioni. Marco Cappato, che lo ha accompagnato in una delle cliniche svizzere che praticano il suicidio assistito. Cappato rischia così – e non è la prima volta – i dettami di un articolo del codice penale che per l’aiuto al suicidio prevede fino a 12 anni di carcere.

Sollevato da un inferno di dolore
Riverso



On / Off
Marco Tonus


Oggi proprio non ce la faccio a tacere
Io ho provato per pochi istanti la sensazione del tuo amato corpo che diventa all'improvviso una prigione (e io nel mio ho sempre riposto fiducia totale, senza proprio mai pensarci: il senso di smarrimento è terribile) Pochi momenti, ma sono stati una eternità che ricordo con dettagliata esasperazione, quasi secondo per secondo.
A volte non si capisce come si reagirebbe a una difficoltà, a una situazione critica, non si capisce finchè non ci si passa dentro in prima persona. E siamo tutti così simili, ma anche così diversi, ognuno con la propria storia, la propria indole e il proprio carattere.
Davanti a infortuni terribili, a malattie devastanti, davanti al dolore fisico, intellettuale, morale che ti sconquassa. Dolore che c'è anche domani, e che ci sarà anche dopodomani, e che ti inseguirà per sempre. Per sempre. Davanti a cose così tremende, che però capitano, oggi non ci sono dentro io ma chissà forse mi potrà capitare -proprio a me !- davanti a cose così, non siamo tutti uguali. Ognuno vive in maniera diversa. Non siamo più la categoria globale "uomini", diventiamo singoli individui. E ognuno di noi è diverso.
E allora mi chiedo, ma perchè ostinarsi a imporre una morale universale? Ognuno di noi ha scelto/non scelto qualcosa in cui credere, possa essere un Dio, o un sistema di valori terreno. La nostra legge umana su questa meravigliosa Terra è quella della convivenza con i nostri simili e quella della nostra etica personale. Ci sono regole di convivenza e di rispetto civile reciproco, ed è giusto rispettarle, a cominciare dal parcheggio in seconda fila.
Ma insomma.
Davanti alla sofferenza, all'ineluttabile, a ciò che non si risolverà mai se non con la morte... Ma come si può non capire che è giusto dare a tutti gli strumenti per decidere di se stessi, soprattutto nel momento in cui si è più deboli?
Etica cristiana? Accetto, capisco e la faccio mia: ma trovo misericordioso, caritatevole, profondamente umano poter dare a chi soffre la possibilità di dire basta. Non condivido, ma ti aiuto, fratello.
Ma perchè ci ostiniamo a non voler aiutare chi è in difficoltà e magari non la pensa come noi? Perchè qualcuno si sente ancora così "più verità in tasca" di altri?
Voglio essere libero di riconoscere come eroe chi decide di vivere una vita di sofferenza e limitazione e malattia infernale, ma voglio anche essere libero di salutare con pietà e grandissima commozione interiore chi proprio non ce la fa. E chiede di finirla.
Alessandro Bartezzaghi



Mimmo Lombezzi
Beppino Englaro: l'Italia dovrà affrontare il tema eutanasia Il padre di Eluana è stato protagonista di una lunga battaglia per il diritto all'autodeterminazione anche per chi non è più in grado di esprimere la sua volontà. "L'eutanasia è una questione che tutte le nazioni civili devono affrontare, con la quale prima o poi ogni paese deve fare i conti e anche il nostro Parlamento deve dare delle risposte".








ElleKappa



"Vivi e lascia morire" - 2017
(Campagna Eutanasia Legale)
© Milko Dalla Battista

In un inconsistente vago nero
Il deejay Fabiano Antoniano (Fabo) ha scelto l'eutanasia in Svizzera. Ecco, in questi casi io capisco. E non capisco. E, sapete? Credo che capire in ogni caso non cambia la questione. Comprendere non ci salverà. Morale: non vedo impedimenti al fatto di sentirsi liberi. Di vivere. Come di morire.
Paride Puglia