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venerdì 12 agosto 2016

Vignetta: “Riforme: lo stato delle cos(c)e”.

La vignetta di Riccardo Mannelli   “Riforme: lo stato delle cos(c)e”
ha suscitato un vespaio. Si tratta di un semplice  gioco enigmistico una zeppa,  cose cosce, su un ritratto della ministra delle riforme Boschi, in minigonna.
Vignetta sessista? sicuramente battuta infelice!






L'opinione di Gabriele Balestrazzi:

La riforma che serve davvero
di Gabriele Balestrazzi 10/08/2016

La vignetta è qui, come ormai su tutto il web: firmata da Mannelli, pubblicata dal Fatto quotidiano, intitolata “Riforme: lo stato delle cosce”.

Ora, quando ci sono di mezzo vignette e satira il mio impulso sarebbe quello di astenermi, ascoltare e leggere i commenti, ma sostanzialmente di difendere il diritto di ironizzare e dissacrare su tutti e su tutto (tragedie comprese), che della satira è il sale e la ragione di esistere.

Inoltre, viviamo proprio in questi giorni giuste e scandalizzate reazioni per alcuni titoli olimpici ma non certamente da…medaglia (“Il trio delle cicciottelle”, “I lati B disegnati col compasso”…). Ma abbiamo anche visto nei commenti chi, e parlo di chi affronta la questione in buona fede e senza sessismi di sorta, pone il dubbio se qualche volta non si ecceda nel “politicamente corretto”. Ovvero: è diverso esaltare i lati B delle beachvolleyste dall’esaltare le spalle o gli addominali di nuotatori o altri atleti maschi?

Tutto vero, o almeno tutto opinabile. Il problema è che anche le battute e le vignette irrompono in un mondo obiettivamente sbilanciato: il mondo delle miss, delle veline, delle “Brava Giovanna Brava!”… Il mondo in cui la donna è concretamente e culturalmente penalizzata (senza neppure arrivare all’estremo e tragico tema dei femminicidi). Ecco perché, nel già invasivo dibattito sulle riforme, aggrapparsi – seppur metaforicamente – alle cosce del ministro Boschi è sinceramente squallidino, e non molto distante (anche se la testata di Travaglio lo è) dalla infelice battuta del leghista Salvini sulla “bambola gonfiabile Boldrini”. Anche perché, se proprio la si vuole attaccare, credo che la ministra abbia punti politici ben più deboli della cellulite vera o presunta o della coscia forte.

E a proposito di punti deboli, fra cicciottelle e cosce governative, forse noi giornalisti dovremmo iniziare a riflettere se il calo delle vendite dei quotidiani sia più colpa del web o delle nostre mediocrità…




Dopo la polemica boschi-mannelli, una vignetta riparatoria - da il fatto quotidiano - www.natangelo.it ‪#‎boschi‬ ‪#‎cosce‬ ‪#‎mannelli‬ ‪#‎travaglio‬ ‪#‎sessismo‬
Natangelo


L'opinione di Stefano Feltri dal Fatto

Boschi, cosce e altre ragioni per indignarsi
[...] Una vignetta sessista? Forse, ma se la mia interpretazione è corretta – ovviamente ognuno può dare la sua – il tema non sono tanto le cosce della Boschi quanto le reazioni degli spettatori ai suoi comizi. Ma poco importa. [...]


di Portos 




L'opinione di Tommaso Ederoclite dall'Huffington Post:

Quel sessismo sulla Boschi del Fatto Quotidiano, altro che cicciottelle
Stamattina però quando sono arrivato alla lettura del Fatto Quotidiano ho subito notato la vignetta di Mannelli in prima, e come reazione ho avuto una sorta di fastidio. La riguardo con attenzione dicendomi "forse non l'ho capita", e riprendo ad osservarla con più attenzione. Ebbene la mia conclusione è stata netta e lapidaria: vignetta inutile, non fa ridere, non fa pensare, colpisce Boschi in quanto donna e non nel suo operato. [...]



Portos


L'opinione di Lia Celi per lettera 43:

La chiamano satira, ma è barzelletta da bar
 Vignette sulla Boschi. Sketch contro la Madia. Slogan che offendono le donne. Quando l'attaccamento alla causa sfocia in maschilismo.
di Lia Celi | 11 Agosto 2016
Le caserme stanno tornando di moda come luogo di stoccaggio per gli immigrati. Speriamo che rimanga qualche camerata (nel senso di dormitorio) per ospitare quanti, ahimé, soprattutto da sinistra, stanno riportando in auge a fini politici, e in particolare contro Maria Elena Boschi, l'umorismo casermicolo a base di tette e cosce, provocando i legittimi sogghigni della destra che di quel tipo di humour era sempre stata la tradizionale depositaria.
Personalmente trovo che l'ultimo caso, la vignetta di Mannelli sullo «stato delle cosce» apparsa sul Fatto Quotidiano, non sia così intollerabile.


UNA VIGNETTA DA MANNELLI. Forse perché ci sono abituata: le carni iperrealistiche, immancabilmente nude e flaccide, sia maschili che femminili, sono da sempre la cifra stilistica del disegnatore toscano, espressione grafica (e pregevolissima) del suo sdegnoso e corrucciato sguardo sull'umanità, fin dai tempi di Cuore. Se anziché la Boschi su quella sedia a parlare di riforme ci fosse stato Graziano Delrio in bermuda, Mannelli ne avrebbe dato un ritratto altrettanto disgustoso, restituendo in realtà aumentata ogni pelo, ogni neo, ogni piega della pelle.
Quel che ci avrebbe risparmiato è il calembour da ginnasiale, perfino più trito che sessista, fra «cose» e «cosce», che può sembrare fresco e originale solo ai coetanei di chi trova «affettuoso» l'aggettivo «cicciottelle», e perdonato solo da chi a Mannelli perdona tutto, perché è impossibile essere maledettamente bravi sia a disegnare che a fare battute.

NON BASTA DIRE CHE CI SONO COSE PIÙ GRAVI. Spero che al Fatto perdonino pure me perché sto per criticarli malgrado scriva, e ne sia fiera, per quel giornale, ma non mi convince la difesa d'ufficio di Stefano Feltri, e cioè che su quella prima pagina c'era ben altro per cui indignarsi, altro che le cosce della Boschi: articoli sulla cacciata di Luca Mercalli da RaiTre, sui genitori che dopano i figli 12enni prima delle gare di ciclismo, sull'inferno di Aleppo. E cacchio, se mi tiri in ballo Aleppo scompare tutto, compresi Mercalli e i baby-Pantani.
Ma è come quando da piccolo non volevi mangiare il minestrone e ti dicevano «pensa ai bambini africani che muoiono di fame». Okay, se mangio il minestrone ne salvo qualcuno? E se non mi arrabbio per una vignetta dal titolo sessista oltre che banale, quanti bambini di Aleppo staranno meglio? E c'è tanta differenza con Salvini quando dice «io offendere la Boldrini? È lei che offende me con quel che dice»?
Vauro ha fatto di peggio
Ma sia pure. C'è ben altro, è vero. E sempre contro Boschi. Anzi, c'è stato, perché mi riferisco a una vignetta dello scorso aprile, stavolta firmata Vauro, dove il ministro, popputo e chiapputo come le segretarie nelle vecchie vignette di Playboy, si alza la gonna e «piscia in piedi» uno schizzo di petrolio.
Impazzava lo scandalo delle trivelle, con la Boschi «trivellata dai magistrati», scriveva Marco Travaglio. Metafora all'epoca resa molto meno innocente dall'elegante campagna «Trivella tua sorella», con una donnina stilizzata a quattro zampe, altro manifesto del nuovo movimento «Pecorecci per un'Italia migliore».
È come se l'impegno per la propria causa sdoganasse qualunque tipo di volgarità, compresa quella sessista, in nome di un bene superiore - o l'eliminazione di un male, che sia Renzi, i migranti, o le trivelle.
LA GIUSTA CAUSA DIVENTA UN ALIBI. Al tempo stesso, il bene superiore diventa un alibi per tornare impunemente in camerata col giornalino delle barzellette zozze. Solo che le protagoniste non sono più le prof culone, le segretarie ninfomani e le infermiere vogliose, ma l'avvenente ministro delle Ri(forme) o la presidente della Camera, l'equivalente di Boschi per la destra e la Lega: in quell'acredine sessista c'è molto più testosterone in esubero che ragionamento politico.
Qui sta la differenza fra le battute contro Boschi e Boldrini e il «pegno alla bellezza» di cui Michele Serra parla su Repubblica, a suo dire pagato anche da politici maschi attraenti come Pierferdinando Casini.
Ma ce ne corre fra l'irresistibile cameo del Pierferdy seduttore interpretato da Neri Marcorè 20 anni fa (non a caso in uno spettacolo coordinato da una donna, Serena Dandini), e le Boschi-Madia servette deficienti e sculettanti che apparivano negli sketch di Crozza.
ESSER BELLE È UN DOPPIO INGOMBRO. Se è vero che, come dice Serra, in Italia essere belli è «di evidente ingombro quando si è sul palcoscenico del potere», essere belle, e pure donne, è un doppio ingombro inammissibile, che scatena, sia a destra che a sinistra, tutti i «sognatori abbastanza privi di fantasia» che da ragazzi trovavano la «principale stimolazione dalla televisione e dalle barzellette sporche».

La definizione viene da La scuola cattolica di Albinati, fondamentale affresco sulla formazione dei giovani maschi italiani (non solo gli aguzzini del Circeo, che l'autore ha conosciuto da ragazzo). Libro indispensabile per capire lo stato delle cose. E delle cosce.




L'opinione di Staino per Repubblica

Staino e la vignetta su Boschi: "Impubblicabile, ma gli attacchi se li cercano"
Cosa pensa di quello "Stato delle cos(c)e" che tante critiche ha suscitato?
"Mi intristisce. Perché Mannelli è un grandissimo disegnatore, lo adoro, fa un lavoro bellissimo, ma come satirico non mi convince. Quella vignetta mi sembra inutile. È proprio brutta. Ci fosse un collegamento tra le cosce e le riforme, ma non c'è. E poi questo è un momento delicatissimo per le donne, per questo dico: "Ti ci metti anche te Mannelli?". Chiedi scusa e andamo avanti".



Su Twitter


la piantate di darci consigli ?,noi autori di satira siamo capacissimi di sbagliare da soli baci a tutti,un abbraccio particolare a Mannelli
Vincino









Su Ansa

"Adesso anche la satira politica scade nel sessismo? Eravamo abituati ad una funzione importante, utile ed irrinunciabile della satira politica, anche di quella più graffiante e 'cattiva'. Ora, non abbiamo nessuna intenzione di abituarci al suo scadere in un becero sessismo e, di conseguenza, alla sua inutilità". Così la Vice Presidente del Senato Valeria Fedeli commenta la vignetta di Mannelli pubblicata oggi sul Fatto quotidiano che ritrae la ministra Boschi. La vignette che ha per titolo "Riforme: Lo stato delle cos(c)e" raffigura la ministra mentre interviene munita di microfono, seduta su una sedia con un abito succinto che lascia abbondantemente scoperte le gambe accavallate. "Quando si cede al sessismo o alla volgarità - conclude Fedeli - la satira diventa qualcosa di diverso. E' una presunta satira che non fa ridere, è greve e persino imbarazzante".

Boldrini, uomini basta sessismo,siamo in 2016 - "Uomini basta sessismo, siamo nel 2016. Rinnovatevi anche nella satira. Solidarietà alla ministra Boschi". Lo scrive la presidente della Camera Laura Boldrini su twitter.

"La Venere di Mannelli"
Approvata dal Garante della Satira e dal MeBac.
Marco Tonus

domenica 21 febbraio 2016

Umberto Eco (1932 - 2016)

Elogio di Franti, Fenomenologia di MikeNonita... 
Eco fu anche uno dei massimi umoristi italiani. Gli sia lieve il cordoglio ipocrita.
Lia Celi



Muere un Grande
Rayma Suprani Venezuela








Ecco, Eco è etimologico echeggio. Effuse, eternò, estese…

di Nadia Redoglia

Un tautogramma (Umberto Eco ne fu autore) per rendere omaggio al semiologo, filosofo e scrittore

Educatore empatico, esperto experior, egloga estemporanea, eloquente Ermes, emozionante epitome, eppure esauriente ed esaustiva, (epperò) eliaco estravagante Etabeta, elargì ed espanse eclettici empirei. Erudì epigoni eredi. Entusiasmò enciclopedisti. Estrapolò ed escogitò enigmi. Elevò ed esortò Es, Etica ed Estetica. Espresse eleganti eterodossi esistenziali. Esultò eufonici evviva eureka ehi.

Editò, energico, efficaci epistole eclissando empi editti, ebeti enunciazioni, esegeti esibizionisti, emissari effimeri, edonisti enfatizzati, eletti eroismi evanescenti, erratiche epifanie, egocentrici esiziali: eterno elenco… (esclamativo)

Eco episodio? Eco epopea…





UMBERTO ECO - Nascimento: 5 de janeiro de 1932, Alexandria, Itália
Falecimento: 19 de fevereiro de 2016
JBosco Azevedo Brasile



Eco 
Tomas Serrano Spagna



Dormi bene Umberto
Carrera Arcangelo  Italia



Yesterday Harper Lee and my mother in law, today Umberto Eco... R.i.P all
http://www.bbc.com/news/world-europe-35620368?SThisFB
Firuz Kutal Turchia


Adiós a Umberto Eco 
BY ANGEL BOLIGAN, Cuba
EL UNIVERSAL, MEXICO CITY,


Chinson... ad Honorem...
Mario Airaghi Italia




"come non cadere in ginocchio davanti all'altare della certezza"
(Umberto Eco) .....alla mia maniera..
Perazzolli Italia



"I deboli sono carne da macello da usare quando servono a mettere in crisi il potere avverso e da sacrificare quando non servono più."
Umberto Eco
Paolo Lombardi Italia


Il cartoon per Eco
Makkox Italia


“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.
(Umberto Eco)
Riverso Italia


http://www.noha.it/public/ECO1997.jpg




  Nonita
 di Umberto Eco
[ Il presente manoscritto ci è stato consegnato dal guardiano capo delle carceri di un paesino del Piemonte. Le notizie incerte che l’uomo ci diede sul misterioso prigioniero che lo abbandonò in una cella, la nebbia di cui è avvolta la sorte dello scrittore, una certa complessiva, inspiegabile reticenza di coloro che conobbero l’individuo che vergò queste pagine, ci inducono ad accontentarci di ciò che sappiamo come ci appaghiamo di quel che del manoscritto rimane – il resto roso dai topi – e in base al quale pensiamo che il lettore possa farsi un’idea della straordinaria vicenda di questo Umberto Umberto (ma non fu forse, il misterioso prigioniero, Vladimiro Nabokov paradossalmente profugo per le Langhe, e non mostra forse questo manoscritto l’antivolto del proteico immoralista?) e possa infine trarre da queste pagine quella che ne è la lezione nascosta – sotto la spoglia del libertinaggio una lezione di superiore moralità.]
Nonita. Fiore della mia adolescenza, angoscia delle mie notti. Potrò mai rivederti. Nonita. Nonita. Nonita. Tre sillabe, come una negazione fatta di dolcezza: No. Ni. Ta. Nonita che io possa ricordarti sinché la tua immagine non sarà tenebra e il tuo luogo sepolcro.
Mi chiamo Umberto Umberto. Quando accadde il fatto soccombevo arditamente al trionfo dell’adolescenza. A detta di chi mi conobbe, non di chi mi vede ora, lettore, smagrito in questa cella, coi primi segni di una barba profetica che mi indurisce le gote, a detta di chi mi conobbe allora ero un efebo valente, con quell’ombra di malinconia che penso di dovere ai cromosomi meridionali di un ascendente calabro. Le giovinette mi concupivano con tutta la violenza del loro utero in fiore, facendo di me la tellurica angoscia delle loro notti. Delle fanciulle che conobbi poco ricordo, perché ero preda atroce di ben altra passione e i miei occhi sfioravano appena le loro gote dorate in controluce di una serica e trasparente peluria.
Amavo, amico lettore, e con la follia dei miei anni solerti, amavo coloro che tu chiameresti con svagato torpore “le vecchie”. Desideravo dal più profondo intrico delle mie imberbi fibre quelle creature già segnate dai rigori di una età implacabile, piegate dal ritmo fatale degli ottant’anni, mimate atrocemente dal fantasma desiderabile della senescenza. Per designare costoro, sconosciute ai più, dimenticate dalla indifferenza lubrica degli abituali usagers di friulane sode e venticinquenni, adoprerò, lettore, oppresso anche in questo dai rigurgiti di un’impetuosa sapienza che mi atterrisce ogni gesto di innocenza che mai tenti – un termine che non dispero esatto: parchette.
Che dire, voi mi giudicate (toi, hypocrite lecteur, mon semblable, mon frère!) della mattutina cacciagione che si offre nel padule di questo nostro mondo sotterraneo al callidissimo amatore di parchette! Voi che correte per i giardini pomeridiani alla caccia banale di giovinette appena tumescenti, cosa sapete della caccia sommessa, umbratile, ghignante che l’amatore di parchette può condurre sulle panchine di vecchi giardini, nell’ombra odorosa delle basiliche, pei sentieri ghiaiosi dei cimiteri suburbani, nell’ora domenicale all’angolo degli ospizi, sulle porte degli asili notturni, nei filari salmodianti delle processioni patronali, alle pesche di beneficenza, in un amoroso ferratissimo ahimè inesorabilmente casto agguato per spiare dappresso quei volti scavati da vulcaniche rughe, quelle occhiaie acquose di cataratta, il vibratile moto delle labbra riarse, depresse nell’avvallamento squisito di una bocca sdentata, solcate talvolta da un rivolo lucente d’estasi salivare, quelle mani trionfanti di noduli, nervose nel tremolio lubrico e provocante dello sgranare una lentissima corona.
Potrò mai parteciparti, amico lettore, il languore disperato di quelle fuggevoli prede degli occhi, il fremito spasmodico di certi contatti labilissimi, un colpo di gomito nella ressa del tram (“Scusi signora, vuole sedersi?” Oh, satanico amico, come osavi raccogliere l’umido sguardo di riconoscenza e il “Grazie, buon giovine”, tu che avresti voluto inscenare lì stesso la tua bacchica commedia del possesso?), lo sfiorare un ginocchio venerando strisciando, col tuo polpaccio, tra due file di sedie nella solitudine pomeridiana di un cinema rionale, lo stringere della tenerezza trattenuta – sporadico momento del più estremo contatto! – il braccio ossuto di una vegliarda che aiutavo ad attraversare il semaforo con aria contrita di giovane esploratore!
Le vicende della mia beffarda età mi inducevano ad altri incontri. Lo dissi, apparivo piuttosto affascinante, con le mie gote brune e un volto tenero di fanciulla oppressa da una morbida virilità. Non ignorai l’amore di adolescenti, ma lo subii, come un pedaggio alle ragioni dell’età. Ricordo che una sera di maggio, poco prima del tramonto, quando nel giardino di una villa gentilizia – era nel varesotto, non lontano dal lago rosso del sole che calava – giacqui nell’ombra di un cespuglio con una sedicenne implume tutta efelidi, presa in un impeto di amorosi sensi veramente sconfortante. E fu in quell’istante, mentre le concedevo svogliatamente l’ambito caduceo della mia pubere taumaturgia, che vidi, lettore, quasi indovinai da una finestra del primo piano, la sagoma di una decrepita nutrice piegata curvamene in due mentre si dipanava lungo la gamba l’ammasso informe di una nera calza di cotone. La vista folgorante di quell’arto ingrossato, segnato di varici, accarezzato dal moto inabile delle vecchie mani intese a srotolare il groppo dell’indumento mi apparve (occhi miei concupiscenti!) come un atroce e invidiabile simbolo fallico blandito da un gesto virginale: e fu in quell’attimo che, preso da un’estasi irrobustita dalla distanza, esplosi rantolando in un’effusione di biologici consensi che la fanciulla (improvvida ranocchietta, quanto ti odiai!) raccolse gemebonda come un tributo ai propri fascini acerbi.
Hai mai dunque compreso, stolido mio strumento di differita passione, che tu fruisti del cibo di un’ altrui mensa, oppure l’ottusa vanità dei tuoi anni incompiuti mi ti si presentò come un focoso indimenticabile peccaminoso complice? Partita con la tua famiglia il giorno appresso mi inviasti dopo una settimana una cartolina firmata “la tua vecchia amica”. Intuisti la verità rivelandomi la tua perspicacia nell’uso accurato di quell’aggettivo, o fu la tua l’argotica bravata di una liceale in guerra con le filologiche creanze epistolari?
Come da allora fissai tremando ogni finestra nella speranza di vederne apparire la silhouette sfasciata di una ottuagenaria al bagno! Quante sere, seminascosto da un albero, consumai le mie solitarie deboscie, lo sguardo volto all’ombra profilata su di una tendina di un’ava soavissimamente intenta a un pasto biascicante! E l’orrida delusione, subitanea e folgoratrice ( tiens, donc, le salaud! ) della figura che si sottrae alla menzogna dell’ombre cinesi e si rivela al davanzale per quel che è, un’ignuda ballerina dai seni turgidi e dalle anche ambrate di cavalla andalusa!
Così per mesi ed anni corsi insaziato alla caccia illusa di adorabili parchette, teso ad una ricerca che, lo so, traeva l’indistruttibile sua origine dal momento ch’io nacqui, ed una vecchia sdentata ostetrica – infruttuosa ricerca del padre mio che a quell’ora di notte non fu capace di trovare altro che costei, un piede sull’orlo della fossa! – mi sottrasse alla prigionia vischiosa del grembo materno e mi mostrò alla luce della vita il suo volto immortale di jeune parque.
Non cerco giustificazioni per voi che mi leggete (à la guerre comme à la guerre), ma voglio almeno spiegarvi quanto fatale fosse stato il concorrere di eventi che mi portò a quella vittoria.
La festa cui ero stato invitato era uno squallido petting party di giovani indossatrici e impuberi universitari. La flessuosa lussuria di quelle giovinette invogliate, il negligente offrirsi dei loro seni da una blusa sbottonata nell’impeto di una figura di danza, mi disgustava. Già penavo di lasciare di corsa quel luogo di banale commercio di inguini ancora intatti, quando un suono acutissimo, quasi stridulo (e potrò mai esprimere la frequenza vertiginosa, il roco digradare delle corde vocali già spossate, l’allure supréme de ce cri centenarie?) un lamento tremulo di femmina vecchissima piombò nel silenzio l’accolta. E nel riquadro della porta vidi lei, il viso della lontana parca dello choc prenatale, segnato dall’entusiasmo spiovente della chioma canutamente lasciva, il corpo rattrappito che segnava di angoli acuti la stoffa dell’abituccio nero e liso, le gambe ormai esili piegate inesorabilmente ad arco, la linea fragile del femore suo vulnerabile profilata sotto il pudore antico della gonna veneranda.
La scipita giovinetta che ci ospitava ostentò un gesto di sopportata cortesia. Alzò gli occhi al cielo e disse: “E’ mia nonna” …
[ A questo punto termina la parte intatta del manoscritto. Da quel che è dato di inferire dalle linee sparse che se ne possono ancora leggere, la vicenda dovrebbe procedere come segue. Umberto Umberto rapisce dopo pochi giorni la nonna della sua ospite e fugge con lei, portandola sulla canna della bicicletta, verso il Piemonte. Dapprima la conduce in un ospizio di poveri ricchi, ove la notte la possiede, apprendendo fra l’altro che la vecchia non è alla sua prima esperienza. Sul far del giorno, mentre sta fumando una sigaretta nella semi-oscurità del giardino, viene avvicinato da un giovinetto dall’aria ambigua che gli chiede se la vecchia sia effettivamente sua nonna. Preoccupato lascia l’ospizio con Nonita ed inizia una vertiginosa peregrinazione per le strade del Piemonte. Visita la fiera dei vini di Canelli, la Festa del Tartufo di Alba, prende parte alla sfilata di Gianduia a Caglianetto, al mercato del bestiame di Nizza Monferrato, all’elezione della Bella Mugnaia di Ivrea, alla corsa nei sacchi per la festa patronale di Condove. Al termine di questo folle peregrinare per l’immensità del paese che lo ospita, si accorge che da tempo la sua bicicletta è sornionamente seguita da un giovane esploratore in lambretta, che elude ogni appostamento. Il giorno in cui, ad Incisa Scapaccino, porta Nonita da un callista e si allontana un istante a comperare le sigarette, quando torna si trova abbandonato dalla vecchia, fuggita col rapitore. Passa alcuni mesi in una profonda disperazione, e finalmente ritrova la vegliarda, reduce da un istituto di bellezza dove è stata condotta dal seduttore. Il suo viso è privo di rughe, i capelli tinti di un biondo rame, la bocca rifiorita. Umberto Umberto è colto da un senso di abissale pietà e queta disperazione alla vista di tanto sfacelo. Senza dir motto acquista una doppietta e va alla ricerca dello sciagurato. Lo trova ad un campeggio mentre sta soffregando due legnetti per accendere il fuoco. Gli spara una, due, tre volte, sempre mancandolo, sinché non viene afferrato da due sacerdoti in basco nero e giacca di cuoio. Prontamente arrestato viene condannato a sei mesi per porto d’armi abusivo e caccia fuori stagione.]

Umberto Eco, Diario minimo, Mondatori, Milano 1975.





Umberto Eco foto di Alberto Cane







http://www.tpi.it/mondo/italia/regole-lingua-italiana-umberto-eco

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video del commento di Eco con Paolo Poli dell'elogio di Franchi
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Il diario minimo 
di Umberto Eco

“[…] il ridente – o il sogghignante – altro non è che il maieuta di una diversa società possibile.” – Elogio di Franti
Raccolta di articoli pubblicata da Eco per la prima volta nel 1963, poi ampliata e, in parte modificata, nel 1975. Etichettati all’inizio come letteratura disimpegnata e come “figli di un Eco minore” gli articoli rappresentano una serie di esercizi di stile, attraverso l’esplorazione di vari generi, con il grande sotteso della scelta parodistica e umoristica. Scendendo nel concreto, ad esempio c’è l’articolo di apertura: Nonita. Nella finzione, trascrizione di un diario, in parte corrotto, abbandonato da un carcerato nella sua cella. Ricostruzione di Lolita, sostituisce alla passione per una giovinetta quella per un’attempata signora di settant’anni, mantenendo la serietà dei sentimenti e delle descrizioni dell’innamorato, fino all’esito tragicomico che lo condurrà in carcere.

Tra gli articoli contenuti anche il celebre saggio sulla “Fenomenologia di Mike Bongiorno“, che ahinoi è oramai diventata, a distanza di soli cinquant’anni, la fenomenologia dell’italiano abbrutito dalla televisione e dal modo di fare del Bongiorno originale e di tutti gli emulatori più o meno inconsapevoli.

Tra i miei articoli preferiti i due sulle avventure antropologiche dei melanesiani. Infine l’inverno nucleare è giunto, i missili americani, lanciati dalle coste dell’adriatico, e quelli russi hanno cancellato ogni forma di vita al di sotto delle calotte polari. Solo i melanesiani, gli eschimesi e pochi altri abitanti delle terre vicine ai poli si sono salvate. A distanza di un migliaio di anni si interrogano sugli usi e i costumi dei loro predecessori cercando tracce delle loro civiltà. Le ricostruzioni assurde prodotte dalla scarsità di documenti, dalla proiezione della cultura sul passato, producono letture che in realtà finiscono per dirci qualcosa su noi stessi e sui nostri tempi. Anche se noi non siamo più negli anni sessanta abbiamo che oggi è solo più probabile che per un evento del genere, mentre tutti gli altri stati europei hanno prodotto delle criptobiblioteche con il loro sapere, noi ce ne siamo dimenticati o ne siamo stati impossibilitati per mancanza di fondi alla nostra biblioteca nazionale, due ipotesi al dibattito degli studiosi post-apocalittici, insieme a quella della nostra non esistenza nonostante le altre fonti ci citino, ovviamente non quelle francesi, ça va sans dire.

La lettura di questi articoli, con una nota di particolare attenzione per l’Elogio di Franti, è veramente divertente e apre, attraverso il riso, all’osservazione di un’epoca dalla quale, accettate le contraddizioni a tal punto da trovarne il lato umoristico, si può finalmente andare oltre. (fonte)


Intelletuali moderni
Gianluca Foglia-  Fogliazza Italia
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Sentite condoglianze alla famiglia.

giovedì 3 gennaio 2013

Oroscopo 2013 di Lia Celi

 
 ARIETE - Buona notizia: nel 2013 tutti i pianeti saranno nel tuo segno, per donarti amori bollenti, soldi a palate e salute di ferro. Cattiva notizia: irritati dall’affollamento, i pianeti cominceranno a scazzottarsi e manderanno il tuo oroscopo a rotoli. Avrai amori bollenti con Arisa o Marcello Paniz, paccate di azioni Mediaset sospese per eccesso di ribasso e salute di ferro solo durante le visite fiscali.



TORO Per il nuovo ad dello Zodiaco, Sergio Marchionne, il tuo segno è poco produttivo e intende delocalizzarlo nel calendario cinese dove il costo del lavoro è irrisorio. O con fondi una fattoria biologica con gli altri segni di Terra, o presto dovrai farti tradurre dal cinese oroscopi tipo: «I tuoi onorevoli genitori ti sceglieranno una fidanzata laboriosa» o «Il sorvegliante del campo di lavoro ti bastonerà meno forte del solito.»



 GEMELLI L’agenda Monti prevede il taglio dei segni doppi, quindi nel 2013 il tuo segno diverrà il Figlio Unico, immaturo e viziato, che non influenza la tua vita ma pretende che sia tu a organizzare la sua: scuola, palestra, motorino… Manco si rifà il letto, figurati se fa l’oroscopo a te. Quando gli chiedi che futuro avrai ti guarda male, replica che il futuro l’hai rubato tu a lui e torna a piratare videogiochi in rete.
 





CANCRO Nel 2010 Berlusconi promise di sconfiggere il Cancro in tre anni (crede che i pm appartengano a questo segno, tant’è che ripete «la magistratura è un Cancro») quindi ci siamo. Ma poiché una promessa del Cav. si traduce sempre nell’esatto contrario («Vi darò lavoro» ed esplode la disoccupazione, «Taglierò le tasse» e sono le più alte del mondo, ecc.), nel 2013 voi Cancro come minimo vincerete il Superenalotto, ringiovanirete e tromberete come ricci.


LEONE Il tuo segno era l’ascensore sociale dello zodiaco, come provano illustri Leoni parvenus, da Bonaparte a Madonna. Il fatto che, malgrado la laurea a pieni voti, tu sia precario da vent’anni fa sospettare che l’ascensore sia guasto, e a trovare un tecnico nell’Universo a san Silvestro non ci riesce neanche Darth Fener. Così nel 2013 dovrai salire i gradini della società a piedi, attento a schivare il ceto medio che ruzzola giù verso la miseria.

VERGINE Dodici posti e una sola donna: più che uno zodiaco sembra un governo italiano degli anni Settanta. Ma dal 2013 i segni dovranno recepire una direttiva dell’Unione Cosmica sulle Pari Opportunità che impone le quote rosa zodiacali, e i primi sei segni saranno tutti al femminile: Pecora, Mucca, Gemelle Kessler, Pap test, Leonessa e Rosy Bindi («Vergine» verrà abolito in quanto sessista e lesivo della privacy).

BILANCIA Le stelle ti supplicano, amico Bilancia: tieniti lontano dalla politica. Berlusconi, Di Pietro, Bersani: servono altre prove del fatto che il tuo segno deve pensare ad altro? A conti fatti, i nati fra il 22 /9e il 21/10 sono la categoria che più ha danneggiato l’Italia dopo i Savoia e Napolitano potrebbe esiliarvi all’estero con apposito decreto. Ma per i Bilancia doc non è un problema: essendo amanti della bellezza, della cultura e dell’eleganza sono già emigrati da un pezzo.


SCORPIONE Misterioso, ambizioso, dotato di fascino sinistro: questo dice di te l’astrologia, che evidentemente ti ha confuso con Gianroberto Casaleggio. Nel video delle parlamentarie M5s sembravi solo un po’ matto, specie con quell’idea del biocarburante ricavato dalle uova di lompo e della conversione della pianura Padana a vivaio per fiori di Bach. Ma le stelle dicono che otterrai un seggio al Parlamento grazie al trigono Giove-Barbera.


SAGITTARIO Il tuo talento di arciere ti tornerà utile nel 2013 quando sarai costretto a darti alla macchia con un amico ciccione e un frate cappuccino per sottrarti alle vessazioni degli esattori Equitalia; qui prenderai coscienza delle ingiustizie, fonderai una banda specializzata nel togliere ai ricchi per dare ai poveri e il tuo nome verrà temuto nei palazzi ed esaltato nelle capanne. Robin Hood? No, Patrimoniale.

CAPRICORNO E’ il tuo anno, amico del Capricorno: cornuto e contento per natura, in Italia sarai perfettamente a tuo agio. Comunque, per sfigato che tu sia, hai sempre a casa una moglie o una ex su cui sfogare le tue frustrazioni con il tacito assenso della polizia e del parroco. Anzi, il sant’uomo solidarizzerà con te in quanto vittima di provocazioni muliebri.


ACQUARIO «Quando la Luna sarà nella settima casa e Giove si allineerà con Marte, la pace guiderà i pianeti e l’amore muoverà le stelle. Sarà l’Era dell’Ac-qua-ri-ooo…»: quant’è che la meni con questa storia, eh Acquario? Quarant’anni che aspettiamo la tua fottuta era, peggio delle riforme. Ora non hai più scuse, dopo il 21 dicembre l’era dell’Acquario è qui perciò dàtti da fare e portaci pace e amore, se no ti raso quei cazzo di capelli lunghi e ti spedisco in Afghanistan. Capito?


PESCI E’ difficile farti l’oroscopo, amico Pesci: l’unica previsione sazzeccata è che fra tre giorni puzzerai. Per fortuna sei il più credulone dello zodiaco, abbocchi come niente ed è grazie a quelli come te che campiamo noi astrologi, alla faccia di Odifreddi e Hack. Cogliamo l’occasione per proporti il Kit Fortuna 2013 con 1) un biglietto della Lotteria dei Templari 2) la Smorfia di Wall Street 3) il Sistema Draghi per vincere a poker 5) una raccomandazione scritta da Nettuno in persona e 6) la bambolina vudù di Angela Merkel. Il tutto per soli 59.99 euro!





 Lo zodiaco è un po’ come il Porcellum: non puoi scegliere il segno che ti rappresenta, ti viene imposto dall’alto. Così alla vigilia di un anno elettorale, anche il Fatto Quotidiano cede alla tradizione degli oroscopi di fine anno: rispetto alle sparate che sentiremo prossimamente in campagna elettorale, le previsioni astrologiche sono serie e credibili. Del resto l’astrologia non l’ha inventata Berlusconi, quindi un pizzico di verità ci dev’essere no?
Lia Celi per Il Fatto Quotidiano
Disegni di Roberto Grassilli

PS: Lia Celi dipinta da Botticelli
 Lia BottiCeli (Roberto Morassi)