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sabato 19 aprile 2014

Una vita da enigmista



Racconto
 e poesia 
di
 Stefano Pellone 
in arte 
Barthleby



Ho una certezza in più in questi ultimi giorni di lavoro: la macchina dei gelati mi odia.

Come? Cosa dite? Che ho detto Macchina dei gelati?
Ah sì, è vero, voi non potete saperlo…

Ebbene sì, è stata installata dalla Direzione una macchina dei gelati nell’androne del front-office e noi ogni tanto ci prendiamo qualche momentaneo rinfresco zuccherino. I gelati sono tutti Motta e sono per la precisione 4: Cornetto Extreme, Maxibon, Morellino e Ghiacciolone.
Al di là del fatto che il Maxibon costa 1.40€ (un prezzo assurdo per me), per una questione di gusto e di caldo spesso prendo il ghiacciolo. Ed i ghiaccioli sono di 4 gusti diversi: fragola, limone, menta e arancio.
Ed i ghiaccioli scendono giù in ordine casuale, senza uno schema prefissato, quindi possono capitare anche lo stesso gusto per tre volte di fila.
la ribellione della macchina
Martin Guhl

Ma, chissà perchè, PUNTUALMENTE è capace di capitarmi sempre e solo fragola.
E dovete sapere che di questi 4 gusti quello che proprio mi fa schifo è OVVIAMENTE uno solo, cioè la fragola.

Pensavo all’inizio a qualcosa di statistico, forse i ghiaccioli alla fragola sono di più degli altri come numero, ed invece no: gli altri davanti a me prendono menta e limone ed io SOLO fragola con qualche sprazzo di arancio.
La cosa è stata confermata anche dall'omino che carica la macchina, sotto mia diretta interpellanza.

La volta scorsa abbiamo fatto il test definitivo.
Alla presenza di tutto il laboratorio, mi sono avvicinato alla macchinetta diabolica, ho scrollato le spalle per sciogliere la tensione, ho messo la mia chiavetta nell’apposita fessura e mentre tutti mi osservavano e l'aria attorno a noi era immobile, ho premuto il pulsante del ghiacciolo con lo sguardo alla Tex Willer.

La macchina ha cominciato a muoversi.

Un secondo di silenzio, e poi il rumore del ghiacciolo che cade nella vaschetta.

Rosa.

Strafottutamente rosa fragola.

La macchina dei gelati mi odia.




L'enigmista
Di Marco De Angelis



Una vita da enigmista
a cercare soluzioni
sempre con la penna in mano
lavorando coi neuroni

Una vita da enigmista
segui schemi ben precisi
anagrammi, critto, rebus
zeppe, scarti e metatesi

Qui, vincer sì, non ha prezzo
finchè creerai stai lì

Una vita da enigmista
da chi dorme sempre poco
e passi la notte in bianco
per risolvere quel gioco

Una vita da enigmista
da uno che spedisce giochi
quando sei all’ultimo giorno
sono sempre brutti e pochi

Qui, vincer sì, non ha prezzo
finchè creerai stai lì

Una vita da enigmista
ci diventi quasi matto:
crei un gioco che è stupendo
e ti dicono “Già fatto!”

Una vita da enigmista
come Briga o Bartezzaghi
anni di trofei e coppe
ma per gli altri sono svaghi…

Qui, vincer sì, non ha prezzo
finchè creerai stai lì, stai lì…

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Stefano Pellone “barthleby”
Nato a Napoli il 18 aprile 1979 ma residente ora a Bologna, laureato in Controllo di Qualità Alimentare, chimico di professione e sognatore per diletto. Scrive poesie, crea giochi enigmistici, collabora con alcune riviste musicali, cerca di non far saltare in aria niente e si gode la campagna felsinea (quando ha del tempo libero).

Il suo blog: http://www.lafortunanellasfortuna.blogspot.it/

domenica 13 aprile 2014

Quarantasette dappertutto.

 Quarantasette dappertutto.

di Federica Pareschi
O donna che stamattina camminavi davanti a me: bionda platino arruffata, giubbottino nero in pelle a giro vita, leggins elasticizzati a 4500 denari, calzino a pois e tacco a spillo.
 Tu avevi un sedere normale e di questo ti do merito, i leggins fin lì potevano pure. 
Ma figlia cara, ho pensato, se ti ritrovi due gambe talmente storte che in mezzo ci passano le culone che i leggins non possono metterli (a volte li mettono ma s'aprirebbe un altro mondo). 
Figlia mia, pensavo, un pantalone normale e avresti portato benissimo i tuoi venticinque anni. E siccome quel sedere normale mi dava comunque un certo fastidio - chi ha tutto, chi ha troppo, chi niente - ho allungato il passo e t'ho superata. 
Mi sei passata vicino alla fermata del bus e ho capito che più o meno si doveva essere coetanee: io quarantasette dappertutto, tu venticinque al sedere e novantadue in volto. 
E allora mi sono pentita dei cattivi pensieri avuti prima di vederti in viso che non sta bene mancar di rispetto ai più grandi d'età. Nemmeno col pensiero. 
Amen.



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